Il fattore K

Roberto Beccantini15 dicembre 2012

Miroslav Klose a parametro zero è stata una felice intuizione di quel «birbante» di Claudio Lotito. Dieci gol, tutti su azione: l’ultimo all’Inter. Io gli preferisco Diego Milito, più decisivo nelle partite decisive, ma applaudo il fattore K. Strano groviglio, Lazio-Inter. Da sbadigli per un’ora, e poi, d’improvviso, da schiaffi.

L’Inter è un sommergibile che dà la caccia agli episodi. In dieci minuti ha colpito due pali (Guarin, Cassano), impegnato strenuamente Marchetti e sfiorato il gol con Palacio. Il resto: all’inizio, mancia; nel finale, rabbia. Dopo la Roma, la Lazio: grande con le grandi, l’Inter; romane escluse.

La Lazio è stata più squadra, ma anche più sterile. Fino, almeno, all’uno-due di Klose (gol sbagliato, gol fatto). Petkovic se l’è giocata con giudizio, dal 4-1-4-1 d’ordinanza al 4-4-1-1 della svolta, Mauri dietro Klose. Non ha segnato quando avrebbe meritato, l’ha fatto quando l’avrebbero meritato gli avversari. Stramaccioni è un laboratorio ambulante: difesa a quattro, poi a tre, poi ancora a quattro, Zanetti davanti alla difesa, poi a destra; tridente, bidente, ancora tridente. La staffetta Cambiasso-Palacio è stata un segnale coraggioso. Tornando alla torta, trascurata, e alle fette, che non sempre bastano: dall’autorete di Garçia (Palermo) al doppio legno dell’Olimpico il calcio dà, il calcio toglie. E da Astori a Ciani, in area, Ranocchia non ha fortuna.

Non è stata un’ordalia da leccarsi i baffi. Il problema di Stramaccioni resta la fonte del gioco: o Guarin o pallacce. Il problema di Petkovic rimane Hernanes, non sempre all’altezza della situazione allorché i dirimpettai salgono di livello. Gira e rigira, però, il limite estremo della Lazio è il suo tesoro: Klose. O lui o nessuno. E l’anti-Juventus? Sotto a chi tocca.

L’altra classifica

Roberto Beccantini10 dicembre 2012

Che corpo a corpo, a San Siro. Hanno deciso i solisti, ha risolto Guarin, già cruciale con la Juventus. Il colombiano è un toro: mediano o mezzala a seconda delle esigenze. L’Inter ha ricavato il massimo dai pochi tiri effettuati; il Napoli, il minimo dai molti scoccati. Solo sfortuna? Non penso.

Stramaccioni ha rinunciato al tridente, sguinzagliato Cassano e giocato «sugli» avversari. Non ha registi e, dunque, lo fa spesso, soprattutto con le grandi. Buona l’idea di Cambiasso arretrato, in assenza di Samuel. A Mazzarri, viceversa, non riesce mai il salto di qualità. Polli, i suoi difensori, sul corner che ha propiziato la folgore di Guarin. Detto che un pareggio non sarebbe stato uno scandalo, Cavani, Hamsik e Pandev hanno alzato un gran polverone; meglio Insigne. Milito, lui, non segnava da quattro gare.

La regolarità della Juventus, le montagne russe dell’Inter. Il torneo delle «sette sorelle» capovolge la classifica del campionato. E’ una curiosità, null’altro. Ecco il dettaglio.

** Inter 12 punti in 5 partite: 1-3 Roma, 2-1 Fiorentina, 1-0 Milan, 3-1 Juventus, 2-1 Napoli, Lazio sabato.

** Juventus 8 punti in 6 partite: 0-0 Fiorentina, 4-1 Roma, 2-0 Napoli, 1-3 Inter, 0-0 Lazio, 0-1 Milan.

** Napoli 7 punti in 5 partite: 2-1 Fiorentina, 3-0 Lazio, 0-2 Juventus, 2-2 Milan, 1-2 Inter, Roma il 6 gennaio.

** Fiorentina 7 punti in 6 partite: 0-0 Juventus, 1-2 Napoli, 1-2 Inter, 2-0 Lazio, 3-1 Milan, 2-4 Roma.

** Lazio 7 punti in 5 partite: 0-3 Napoli, 3-2 Milan, 0-2 Fiorentina, 3-2 Roma, 0-0 Juventus, Inter sabato.

** Roma 6 punti in 4 partite: 3-1 Inter, 1-4 Juventus, 2-3 Lazio, 4-2 Fiorentina, Milan il 22 dicembre, Napoli il 6 gennaio.

** Milan 4 punti in 5 partite: 0-1 Inter, 2-3 Lazio, 1-3 Fiorentina, 2-2 Napoli, 1-0 Juventus, Roma il 22 dicembre.

Scherzare col fango

Roberto Beccantini9 dicembre 2012

Il ritorno di Antonio Conte ha coinciso con il gol di colui che ne aveva segnato il battesimo in campionato, l’11 settembre 2011: Stephan Lichtsteiner. Il Palermo aveva imprigionato l’Inter, la broccaggine di Matri l’ha tenuto in partita al di là di ogni ragionevole occasione, fino alla rete della guardia svizzera e al doppio giallo (corretto) di Morganella. Da moviola, se mai, un tocco di Pirlo al limite dell’area, spalla o braccio, dentro o fuori?

Conte, dunque. Ha scolpito lo scudetto, non andava in panchina dal 20 maggio (finale di Coppa Italia a Roma, Napoli-Juventus 2-0). Sono felice per il suo rientro, un po’ meno per tutti i «clacson» suonati da radio e televisioni. Come se, nel frattempo, fosse finito in Siberia.

Anche Mourinho non pratica il turnover. Conte gli assomiglia molto, gioco a parte. Tutti diventano prevedibili, se camminano. La Juventus lo è stata a lungo, tra la grandine e il fango di una improbabile domenica palermitana. La squalifica di Giovinco ha privato il loggione di un comodo bersaglio (ma pure la cucina dei rari dribbling in padella). I due pali scheggiati da Vucinic sono stati il tributo che, ogni tanto, il destino impone persino ai suoi cocchi.

Credo che Conte tirerà le orecchie a Bonucci: non ci si tuffa così, davanti al portiere. E pure a Vucinic: o do di petto e assist di tacco o sciali biblici sotto porta. Una via di mezzo, no? Veniva, la Juventus, dalla notte di Donetsk. Il senza voto di Buffon è la fotografia del pomeriggio. I bianconeri, promossi agli ottavi di Champions League, hanno quattro punti in più di un anno fa. Serve altro?

Postilla. Viviano in Roma-Fiorentina, Gillet in Toro-Milan. Non discuto le girandole di Zeman e i progressi di Allegri, ma con portieri così il tiro a segno riesce meglio.